giovedì 12 luglio 2007

OSSERVAZIONI SULL'OMELIA

Spettabile Settimana,
ho letto con curiosità e interesse l’articolo di Carlo Napoli sulle omelie e sui gesti della santa messa.
Sono un organista liturgico, per cui abitualmente seguo la messa domenicale con lo stesso predicatore. La nostra è una messa extraparrocchiale in quanto vengono persone anche occasionali, anche se lo “zoccolo duro” è il medesimo. Concordo, comunque, con Carlo Napoli praticamente in tutto.
1. Durata dell’omelia: è proprio con 5 minuti che si raggiungono di più i cuori, magari sviscerando i concetti chiave della nostra fede: la risurrezione, l’annuncio, le tasse, il lavoro, il sacrificio di tirare avanti tutti i giorni ecc., e sui questi problemi lanciare un’àncora, come per esempio il personale confronto con la Parola, l’affidarsi in modo reale, non emotivo a Dio come a colui che vede e provvede il nostro vero bene.
2. Ho sperimentato proprio di recente come l’avere affidato nella preghiera la mia voglia di riconciliazione con i nemici quotidiani (clienti, concorrenti, persone che mi hanno denigrato per ignoranza, colleghi di lavoro, conoscenti….), dentro il sacrificio eucaristico ha dato veramente esiti quantomeno “strani”: durante la settimana successiva ho potuto sperimentare come la preghiera a cui ho cercato di applicare il desiderio autentico dell’azione è stata veramente efficace o comunque mi si sono aperti orizzonti insperati.
3. Sulla considerazione della formazione del clero sono molto più perplesso: per il mio lavoro opero in collaborazione con alcune associazioni culturali ecclesiali e conosco bene la realtà del clero della mia diocesi. Esempio lampante un recente incontro serale con una personalità di livello nazionale dell’AC (il vescovo Lambiasi, all’epoca assistente nazionale e ora arcivescovo nominato di Rimini), nel quale si discuteva la pastorale del “dopo Verona” – quindi il tema fondante dell’azione delle parrocchie e dei parroci dei prossimi dieci anni – al quale erano presenti il vescovo e non più di 5 preti, su oltre 200 (!) della diocesi. Se non si ha il tempo di ascoltare, meditare, recepire le linee della pastorale, come si fa a non pensare che tutto è improvvisato e tutto è nelle mani di sentimenti, sensazioni e non si è parte di una famiglia (la chiesa) che dovrebbe essere veramente una, consapevole del ruolo che incarna…?
4. Anche il ruolo laicale è ancora molto mortificato nella assemblea liturgica e nella chiesa in genere, spesso frutto di deleghe in bianco di qualche prete troppo o troppo poco attivo o frutto di nomine autoreferenziali dove, per motivi vari, alcune persone si incaricano da sé di compiere gesti e azioni che trovano la condiscendenza di sacerdoti timorosi o di comunità menefreghiste.
Grazie della vostra missione.

Luca Ferrari

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