martedì 19 dicembre 2006

IN MERITO ALLA RECENSIONE DEL SUO LIBRO PUBBLICATA SU “SETTIMANA”

“Inchiesta su Gesù”
Pesce risponde a don Giavini


Caro direttore,
ringrazio anzitutto don Giovanni Giavini per essersi occupato del libro Inchiesta su Gesù (cf. Sett. n. 39/06, p. 15). Dopo aver scritto per circa quarant’anni di esegesi per un pubblico di specialisti, è la prima volta che tento di fare un'opera di divulgazione seguendo le domande di uno scrittore e gionalista non cristiano e laico. Ho voluto spiegare ad un pubblico vasto quali sono i pareri, spesso diversi, presenti oggi nell'esegesi scientifica.
Io credo che la ricerca esegetica non debba leggere i testi alla luce della fede, ma neppure alla luce della non-fede. È analisi razionale dei testi e ovviamente parziale, modificabile, sottoposta all'errore e alla soggettività ineliminabile.
La ricerca storica, se è onesta e rigorosa, non offre un’immagine parziale di Gesù. L'esegeta cattolico Spicq, in polemica aspra con J. Daniélou e H. de Lubac, diceva che l'esegesi storica ci porta al centro del mistero, ma ovviamente in modo storico. Se l'immagine di Gesù che si ricava dalla mia intervista è troppo "parziale", ciò può dipendere dalla mia mediocrità e aridità, ma non dal metodo.
Ho molta stima di Giavini come esegeta e persona. Mi sembra però che abbiamo non pochi pareri discordi in esegesi. E Giavini fa molto bene ad esprimere pubblicamente il suo dissenso. Con la dovuta serenità, sottolineo alcuni punti su cui non sono d'accordo con la sua recensione.
1. Ho parlato di una distanza del cristianesimo da Gesù, ma ho anche detto che alcuni considerano lo sviluppo come un tradimento e altri come legittima evoluzione.
2. Che ci sia continuità tra i vangeli (e la chiesa primitiva) e vari elementi del Gesù storico è cosa sempre ripetuta dall’esegesi protestante e cattolica almeno dopo Käsemann. Io, però, distinguo il fatto che un autore della metà o della fine del I secolo o del II secolo ritenga di essere in continuità con Gesù, dal fatto che Gesù abbia detto e fatto ciò che pensano di lui coloro che ritengono di essere in continuità con lui.
3. Sul rapporto Paolo-Gesù, ci sono così tante diverse opinioni esegetiche e teologiche che non mi sembra che, se io aderissi anche alla più radicale, questo mi metterebbe fuori dal normale dibattito legittimo nella più seria delle Facoltà teologiche. Lo stesso vale per la questione di Gal 1 e 2. Le mie tesi sono estremamente diffuse nell'esegesi internazionale.
4. Che il “Padre nostro” sia preghiera che un qualunque pio giudeo poteva pregare senza essere cristiano in nulla lo dice anche Gnilka. Ritengo, invece, che la cristologia di Mt sia matteana non gesuana. Qui c'è veramente un dissenso. La concezione gesuana del perdono dei peccati espressa in Mt 6,12 è, a mio parere, diversa da quella espressa dalla cristologia matteana che si fa luce nelle parole matteane dell'ultima cena. Ma anche questa è una tesi esegetica diffusa. Ovviamente, qui si fa luce la mia personale e perciò limitata interpretazione, presenatata in passato in alcuni articoli riservati ad un pubblico di specialisti.
5. Sì, Gesù non è un cristiano. Qui c’è tutto il problema della nascita del cristianesimo. Come, quando, dove? C’è oggi in corso un dibattito estremamente sviluppato e io sono in ricerca. Non ho raggiunto una risposta che mi soddisfi, come anche ho scritto in una discussione con Giorgio Jossa. Credo che di cristianesimo come lo intenderà la chiesa dei secoli IV-VI si possa cominciare a parlare solo nella seconda metà del II secolo.
6. Sulla bibliografia credo abbia ragione Giavini a criticarne la debolezza. Mi avevano chiesto di citare solo le cose di cui si parlava nell'intervista (che in origine è la sbobinatura di un dialogo). Avrei dovuto resistere alle pressioni dell'editore. Mi auguro però che qualcuno legga i libri consigliati, di Theissen, Sanders o anche solo uno dei tre libri scritti da me con Adriana Destro e citati in copertina dove troverà una bibliografia scientifica con centinaia di titoli.
Grazie, comunque, per avermi obbligato a riflettere ancora.

Mauro Pesce

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