martedì 19 dicembre 2006

A PARTIRE DAL CONFRONTO TRA DUE CELEBRAZIONI EUCARISTICHE TELETRASMESSE

Una liturgia fedele
al concilio Vaticano II


Caro direttore,
domenica 19 novembre, sono state teletrasmesse, purtroppo quasi in contemporanea, almeno per una parte, due celebrazioni eucaristiche (alle ore 10 su SAT2000 dalla basilica di S. Pietro e alle ore 11 su Rai1 dalla parrocchiale di S. Abbondio in Cremona); ambedue, grazie a Dio, secondo il Messale di Paolo VI, notevolmente diverse, però, sia per il tipo di partecipanti, sia, soprattutto, per l’accompagnamento musicale e i canti.
Nella prima, in S. Pietro, ovviamente la qualità dei fedeli era molto eterogenea, quasi elitaria, con personaggi politici o esponenti sociali ben noti, immancabilmente in prima fila bene inquadrati dalle telecamere; decisamente era predominante l’orchestra di altissimo livello chiamata ad eseguire la famosa Messa di Mozart.
Nella seconda, quella parrocchiale di Cremona, invece, l’assemblea liturgica era composta prettamente dai nostri semplici e umili – verrebbe da dire “ruspanti” – fedeli, tipici della nostre comunità urbane e rurali, costanti nella loro partecipazione domenicale (bellissimi i volti dei ragazzini attenti e compresi, impeccabili nel loro servizio!). Un coro di laici ha animato il canto eseguendo le parti fisse in melodia gregoriana ma non in modo esclusivo bensì coinvolgendo pure gli altri fedeli (esemplarmente il direttore non guidava solo il coro ma pure l’assemblea, come la chiesa insegna). La celebrazione, presieduta dal parroco, semplice, dignitosa, sapeva di autentico, espressione viva di una vera comunità parrocchiale che celebra il Signore risorto nel suo giorno di festa e non altro.
Nel quasi obbligato confronto tra le due messe, motivato dal casuale stretto ravvicinamento, è difficile non cedere alla forte tentazione di porre interrogativi in proposito.
La musica sacra di qualunque autore e tempo, in qualunque sede e celebrazione, deve essere a servizio dell’eucaristia, oppure è possibile e accettabile anche il contrario? Per la messa di Cremona, certamente, non vi sono dubbi; oltre tutto, il contesto e la composizione dell’assemblea, il canto e l’accompagnamento musicale erano chiaramente e direttamente in funzione esclusiva dell’eucaristia. Tra l’altro il canto gregoriano, ovviamente, era in latino a chiara dimostrazione, contro molte falsità sbandierate, che è possibilissimo valorizzarlo, in modo equilibrato, anche usando il Messale di Paolo VI.
Queste celebrazioni, fedeli alle norme e insieme profondamente incarnate nella vera vita del nostro popolo cristiano, non possono non apportare grande conforto a chi ha creduto e crede alla validità della riforma liturgica conciliare, soprattutto in questi tempi in cui pare che si rimettano in moto e in gioco pericolosi riflussi al riguardo, con possibili gravi conseguenze che potrebbero andare ben oltre la liturgia, già importantissima per se stessa, fino a intaccare l’unità e la comunione nelle nostre chiese. Se infatti – stando, per ora, a voci ufficiose –, si giungesse veramente a liberalizzare del tutto l’uso del Messale di san Pio V, lasciando al singolo sacerdote o al gruppetto dei fedeli la scelta di questo in piena parità di quello di Paolo VI, il rischio di una “messa à la carte” non sarebbe per nulla ipotetico. Già i vescovi francesi hanno espresso all’unanimità con grande chiarezza e coraggio le loro serie preoccupazioni in proposito.
Non sarebbe bene e giusto che anche nelle nostre comunità si sentisse il “sensus fidelium” di laici e di pastori fedeli al Vaticano II?

Sebastiano Dho
vescovo di Alba

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