Cari genitori,
ascoltate i vostri figli
Cara Settimana,
in questi ultimi tempi è frequente il discorso sui ragazzi e bambini vittime delle sopraffazioni degli adulti. Tristissimi casi ci impressionano: uno degli ultimi quello del piccolo Matteo di 9 mesi, strozzato (così pare) dalla madre depressa, che poi ha tentato il suicidio con in grembo un figliolino al sesto mese.
Ma la cronaca delle ultime settimane ci ha fatto soffrire ancor più perché vede protagonisti del male coloro che – per l’età non molto lontana da quella stagione della vita chiamata “innocenza” – siamo abituati a ritenere quasi incapaci di compierlo. Gli episodi si sono tristemente ripetuti quasi in fotocopia e ci presentano ragazzi carnefici di loro coetanei: violentatori, picchiatori, fotografi di oscenità, ladri, assuntori e spacciatori di droga, talvolta addirittura assassini al soldo della camorra.
I mezzi di informazione – forse incapaci di trovare termini nuovi e più adeguati – insistono a classificare il fenomeno come “bullismo”, mentre i fatti appaiono ben più gravi, anche se già il bullismo può arrivare ad alcune atrocità. È strana la nostra società: produce di tutto, pubblica di tutto, trasmette di tutto, offre e propone di tutto, ma non sa difendere i minori che, per la forte precocità nelle conoscenze e nella pratica del male, la spaventano. È lecita una domanda: perché la società nelle sue istituzioni – famiglia scuola magistratura – dà spesso la sensazione di accantonare i problemi educativi (quelli quotidiani, che sono poi quelli che contano) e ha bisogno di fatti eclatanti per tornare a discutere e progettare, per poi tornare alla silenziosa indifferenza?
Si dice che oggi i nostri giovanissimi siano “ragazzi-spugna” che assorbono tutto. Anche qui una domanda: il male è in loro che assorbono o nella società che abbondantemente offre violenza, corruzione e ricerca ossessiva di un benessere soltanto fisico ed economico? Se la società fosse buona e pulita, i “ragazzi-spugna” assorbirebbero il bene, il senso del dovere e il rispetto delle persone.
Che tristezza, nei commenti sugli ultimi episodi, la sottolineatura dell’indifferenza dei compagni che assistono i protagonisti delle terribili bravate! Quanti ragazzi affermano – a giustificazione del loro mancato intervento a difendere i deboli – “io mi faccio gli affari miei”, “io non mi interesso perché non voglio grane”. Ma dov’è la solidarietà verso cui il mondo d’oggi dovrebbe incamminarsi per creare attenzione e aiuto verso gli affamati, gli ammalati, i barboni e gli emarginati?
Le nostre famiglie educano i loro figli al senso del dovere nei confronti degli altri, al rispetto delle persone, alla nonviolenza? Perché tanti ragazzi, dopo aver compiuto gravi gesti di violenza, non si sentono in colpa (e talvolta nemmeno i loro genitori)? Non è forse perché oggi nelle famiglie si è meno preoccupati di educare le coscienze e tanti ragazzi sono lasciati crescere allo sbando? Ci si preoccupa giustamente dell’ecologia, dell’aria pulita. Perché non anche dell’atmosfera di pulizia nel linguaggio, nei giudizi, nei comportamenti?
Si è soliti dire che tanta deformazione – se non patologia e vera devianza – siano causate dalla carenza di autorevolezza degli educatori e dalla scarsità di ascolto di cui soffrono i ragazzi di oggi. Ricordo un ritiro spirituale ai cresimandi sulla famosa parola biblica: “Ascolta, Israele!” . Facevo notare ai ragazzi che essere ascoltati dà gioia e che perfino Dio ambisce alla gioia di essere ascoltato. Poi ho proposto per iscritto un questionario anonimo con la domanda: “Chi ti ascolta?”. Le risposte purtroppo non hanno messo i genitori in primo piano – come mi sarei aspettato – ma nell’ordine: gli amici, i catechisti, il don. Lungi dall’attribuire meriti particolari alle parrocchie – che in età diversa e in analogo questionario potrebbero risultare ultime –, quello che mi colpì fu l’ultimo posto dato ai genitori. Sarà davvero così scarso il numero di papà e di mamme che “ascoltano” i figli? E così numerosi quelli che non parlano con loro, che non percepiscono – anche da tenui segni – l’insorgere di tristezze, di problemi o di atteggiamenti negativi?
Cari genitori, quanto lavoro è davanti a voi! Ma non gravoso, né troppo difficile. Parlate coi figli adolescenti, con la stessa gioia con cui dicevate quelle parole dolcissime quando erano molto piccoli ed eravate pronti a percepire i primi balbettii e gridavate con gioia: il nostro bimbo parla! Parla il bimbo. Parla il ragazzo e l’adolescente. Parlano anche per il bisogno e la gioia di essere ascoltati. “Ascolta, Israele!” dice Dio. Ascoltate, mamme e papà, i vostri figli e sarà un po’ meno difficile percepire i loro cambiamenti e turbamenti, ed essere pronti ad aiutarli. Quanta fatica comporta il crescere! Iniziamo a soccorrerli con l’ascolto.
don Giancarlo Conte (PC)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento