giovedì 15 febbraio 2007

ANDIAMO PIANO A DIRE "LA CHIESA SONO IO!"

Caro direttore,
l’affermazione drastica, riportata nel titolo, fatta da un sacerdote (giovane, per giunta) ad un gruppetto di laici che gli contestava una certa decisione, esprime purtroppo una convinzione assai diffusa tra il clero. A parte il fatto che quel pretino avrebbe dovuto essere certo che quella era non la “sua” linea personale, ma almeno quella comune tra i suoi confratelli… I quali, a loro volta, avrebbero dovuto essere convinti che quello era l’orientamento dei vescovi, e non solo – ad esempio – di qualche cardinale, anche se autorevole per l’incarico che riveste, a loro volta in collegamento con il papa.
Ma il papa stesso non deve a sua volta essere collegato con il popolo di Dio? La sua infallibilità, definita nel concilio Vaticano I, si attua quando parla “ex cathedra”, che non vuol dire quando è seduto sulla sua cattedra, ma quando esprime l’infallibilità che Cristo ha garantito all’insieme della sua chiesa, di cui il papa è maestro in quanto interprete. È quello che “in soldoni” io esprimo indicandolo come il carisma dell’ultima parola, che è appunto l’ultima se viene dopo le altre parole.
Credo che l’impressione di una certa crisi della chiesa (ma forse è solo un’impressione…), di una certa stanchezza, di una certa frammentazione, possa nascere nel popolo di Dio (specialmente nelle fasce più giovani, ma non solo in quelle) dal sentirsi considerati usufruttuari di una chiesa che è solo il clero, anzi l’alto clero, anzi alcune pur legittime autorità, con giardini riservati entro cui vi sono autorità che decidono senza consultare, ma anche senza collegamento tra di loro. A Verona più di uno ha osservato che, dopo tre mezze giornate di gruppi di studio dove i laici – già selezionati, fra l’altro – avevano potuto parlare apertamente, è giunto il papa. Che ha fatto un discorso, molto bello ovviamente, ma preparato prima che il convegno potesse esprimersi. E anche gli interventi nella vita sociale troppe volte calano dall’alto su un popolo di Dio sconcertato, come sconcertato sembra ne rimanga anche tanta parte del clero, ai diversi livelli.
Ho molta fiducia in Benedetto XVI, anche per il suo richiamo alla collegialità, cioè all’allargamento di responsabilità ai vescovi, e soprattutto per il suo ricollegarsi al concilio che riconosce la chiesa nel popolo di Dio e in ogni suo membro, puntualizzando che compito della gerarchia – necessaria, funzionale – è proprio quello del “ministero”, cioè del servizio, e che solo servendo può realizzare la sua responsabilità.
Forse davvero dobbiamo tutti pregare di più, perché ciascuno abbia a compiere nella verità e nella generosità la propria missione.

Luigi Bettazzi
vescovo emerito di Ivrea

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