Caro padre,
ringrazio Settimana che ci consente di scambiare con i confratelli, al di là dell’ufficialità, riflessioni sui problemi più vivi della vita pastorale.
In questo momento ci sono i problemi della famiglia e delle unioni di fatto. Lasciando, con rispetto e fiducia, a chi ha responsabilità politica il compito di tutelare i diritti della famiglia e i diritti individuali dei cittadini – è la vocazione specifica dei laici cristiani nel mondo –, sotto l’aspetto pastorale, nel momento in cui tutti i riflettori sono concentrati su questi problemi, non sarebbe l’occasione provvidenziale, in sintonia con quanto richiamato dal papa e dai vescovi, per fare una forte catechesi sulle basi e sui contenuti essenziali del matrimonio e della famiglia, perché chi li vive sia incoraggiato a farlo con gioia e perché i giovani possano vedere in essi un ideale per cui vale la pena di impegnare con gioia la propria vita?
Cioè, illustrare il luminoso piano di Dio sul valore del corpo, della sessualità, dell’amore che si dona, sulla splendida missione di collaborare con Dio nella creazione della vita umana e nella costruzione della chiesa e della società umana, sul sacramento del matriomonio?
Forse una serena ma forte catechesi su questi valori può aiutare quei nostri fratelli che si illudono di trovare la felicità in un progetto diverso da quello che Dio Padre ha per loro, può aiutarli a comprendere che sono sulla strada sbagliata e che per quella strada non possono raccogliere che infelicità, già in questa vita.
Perché questo è il vero problema: o si accetta il progetto di amore di Dio o lo si rifiuta; alla radice è un problema di fede. Le unioni di fatto sono il rifiuto del progetto di Dio che è progetto di amore. La chiesa ha il compito e la responsabilità di richiamarlo con forza, con amore e con sofferenza perché chi sostiene le unioni di fatto sono quasi sempre cristiani battezzati che rifiutano il progetto di amore di Dio per loro: e la chiesa conosce anche le sofferenze che ci sono dietro a questi fallimenti.
La chiesa ha pure il compito e la responsabilità di chiedere alle pubbliche istituzioni che, in conformità alla Costituzione, creino le situazioni che rendano più facile la realizzazione del progetto di Dio per la famiglia: abitazione, lavoro, servizi per i minori e per gli anziani, pensioni adeguate: non basta affermare il valore della famiglia. Però non è sufficiente la legge a garantire la famiglia secondo il progetto di Dio: «L’uomo lascierà suo padre e sua madre e si unirà alla sua sposa e saranno due in una sola carne», «L’uomo non divida ciò che Dio ha unito»; la legge ha il compito e la responsabilità di creare le condizioni perché i cittadini siano aiutati a costruire la famiglia fondata sul matrimonio.
La chiesa ha il compito e la responsabilità di proporre, richiamare e illuminare il progetto di Dio per la famiglia sostenendo le persone che lo accolgono a realizzarlo con gioia.
Qualche sera fa, in una trasmissione televisiva, un popolare personaggio comico protestava con fastidio per la lunga fila di no che la chiesa pone: no alla procreazione assistita, no all’eutanasia, no ai pacs, no alle unioni di omossessuali ecc. Il progetto di Dio per l’amore umano – che la chiesa ha il compito di custodire e trasmettere – non è un no alla felicità, è un grande sì che costruisce vita e felicità.
sac. Giovanni Nervo
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