Cara Settimana,
la celebrazione del sacramento del matrimonio in forma “classica” attualmente è parecchio costosa. Alcuni si accontentano di convivere, altri ricorrono al matrimonio civile.
Se c’è qualche credente che vorrebbe il sacramento, ma è tentato di ricorrere ai surrogati per motivi economici, si propone la celebrazione semplice: in una santa messa di orario, feriale o festivo, i fidanzati che si trovano in mezzo ai fedeli nella navata della chiesa, escono dopo l’omelia con i testimoni. Si mettono davanti all’altare in piedi. Pronunciano la formula sacramentale, si danno la mano, si mettono gli anelli e tornano in mezzo alla navata. Dopo la messa vanno in sacrestia a firmare e quindi si leggono gli articoli del Codice civile. È ammesso al massimo un amico che scatti qualche foto. Così c’è il risparmio degli inviti e delle bomboniere, delle corsie e dei fiori, dei canti e dei musicanti, per non parlare di abiti bianchi, pranzi e viaggi di nozze.
don Pietro Mozzato
Vetrego di Mirano (VE)
Se il matrimonio diventa una spesa non indifferente, non è certo a causa del rito cristiano. Il rituale del matrimonio cattolico, infatti, non prevede tutte quelle cose che costituiscono un peso finanziario tale da diventare veramente un ostacolo alla forma… “classica” delle nozze cristiane. Non prevede neppure le cosiddette “tariffe” ecclesiastiche. Anzi, uno spirito veramente evangelico suggerirebbe le scelta di comportamenti assai più liberi e controcorrente da ambo le parti. «Il mistero di salvezza che si comunica nella povertà dei segni umani e il carattere propriamente religioso del rito, esigono una celebrazione del matrimonio che si caratterizzi ad un tempo per la sua solennità e per la sua semplicità, l’una e l’altra rivelazione e annuncio della gioia cristiana di fronte al dono di Dio» (Cei, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 88).
Semplicità e solennità non sono in contraddizione; basta chiarirci sui termini. «Si tenga presente che la vera solennità di un’azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e dall’apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno e religioso della celebrazione, che tiene conto dell’integrità dell’azione liturgica, dell’esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura». Così si legge nell’istruzione Musicam sacram n. 11, pubblicata nel 1967).
La semplicità non è sciatteria. La festa ha un ruolo importantissimo nella vita dell’uomo ed essa si manifesta e si esprime anche attraverso il rito, un’azione abitualmente connessa a certi eventi e che pertanto diventa un segnale: l’abito, i fiori, il pranzo con i familiari e gli amici, la musica, ecc… Del resto, nei vangeli la gioia dell’incontro con Cristo e l’accoglienza del regno di Dio sfociano sempre in una festa che in genere si esprime con un banchetto (basti ricordare l’incontro con Zaccheo e la parabola del padre misericordioso).
Non solo gli orientamenti pastorali della chiesa italiana per questo primo decennio del XXI secolo affermano che è «assolutamente centrale approfondire il senso della festa e della liturgia» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 49), ma anche il recente convegno ecclesiale di Verona ha affrontato il tema del lavoro e della festa come ambito dell’evangelizzazione. Si tratta di ritrovare il vero senso della festa che «non è qualcosa che si consuma», ma una questione di relazioni. Non si tratta di ostracizzare i segni della festa, ma quelle esagerazioni che ne oscurano l’autentico significato, specie quando la festa intende essere espressione della fede evangelica.
Nel caso specifico si tratta di dare verità e significatività ai segni del matrimonio cristiano. «La comune e gratuita partecipazione alla salvezza di Dio chiede che, nel suo svolgimento esteriore, il rito sia dignitoso ed eguale per tutte le copie di sposi, perché maggiormente appaia il carattere comunitario della celebrazione e sia affermata la medesima dignità di tutti i fedeli» Cei, doc. cit., 88).
Un corretto itinerario di preparazione al matrimonio cristiano non dovrebbe esaurirsi semplicemente in problematiche psicologiche, morali e giuridiche, come purtroppo capita sovente, ma dovrebbe anche condurre i futuri sposi ad una gestione più coerente del rito liturgico come pure delle tradizioni che lo circondano e condizionano, senza per questo rinunciare alla festa che ri-crea la vita e dà senso alla ferialità.
Tanto per cominciare, si dovrebbe convincere gli sposi che non è lecito addobbare la chiesa con fiori o altro per ostentare la propria condizione sociale umiliando le coppie meno abbienti (cf. Rito del matrimonio (RM) 31). Pur rispettando i gusti personali, l’addobbo floreale dovrebbe essere contenuto in una misura uguale per tutti e possibile a tutti.
È vero poi che il rituale non prevede una precisa collocazione per gli sposi, tuttavia non mi pare giusto che siano confusi nell’assemblea. Non è così per nessun altro sacramento. Lo stesso rito prevede un’accoglienza che immediatamente e giustamente pone i nubendi in una posizione di rilievo (cf. RM 45). Nel rito attuale inoltre è prevista la memoria battesimale che sostituisce l’atto penitenziale e coinvolge tutta l’assemblea (cf. RM 51-58). Con tutto ciò non è detto che gli sposi, con relativi testimoni, debbano essere collocati nella posizione “classica”, con poltrone e inginocchiatoio al centro, davanti all’altare. Né si può dire che questa sia la collocazione migliore, anzi… Tuttavia un posto di rilievo in testa all’assemblea o altrove, secondo la disposizione del luogo, è più che opportuno. Certamente trovo significativo e conforme alle norme che il consenso abbia luogo davanti all’altare e all’assemblea, dove gli sposi in piedi si pongono l’uno di fronte all’altro (cf. RM 70) e dove, in ginocchio, ricevono la solenne benedizione nuziale (cf. RM 79 e 84).
Sebbene abbia suscitato qualche perplessità, il nuovo rito colloca la lettura degli articoli del Codice civile prima della benedizione e del congedo (cf. RM 91).
Anche le foto sono una “memoria” importante da non ostracizzare (in certi riti di ordinazione se ne fanno anche di più). Da qualche anno esiste un regolamento preparato dall’Ufficio liturgico nazionale e proposto alle diocesi quale modello per redigere una convenzione con i fotografi che, dopo un corso di preparazione, vengono autorizzati per il servizio durante i matrimoni nel rispetto della celebrazione liturgica e per evitare la confusione causata da amici e parenti improvvisati fotografi.
L’inserimento del rito nuziale nell’assemblea eucaristica domenicale e festiva sarebbe l’ideale perché, oltre ad esprimere chiaramente non solo il matrimonio in chiesa ma anche e soprattutto nella chiesa, risolverebbe alla radice il problema di cantanti e musicanti (cf. RM 28 e 30). Sarebbe l’assemblea che canta, come di norma. Purtroppo, nello stato attuale di cose, in molti casi questa prassi susciterebbe più problemi di quanti non ne risolverebbe. Si tratta di salvaguardare la dignità dell’assemblea dei credenti!
Lasciamo agli sposi di decidere sull’abito, il pranzo, le bomboniere, il viaggio di nozze… Sono faccende private che esulano dalla liturgia. Tuttavia, una buona preparazione dovrebbe aiutare gli sposi ad essere anche liberi da tutti questi condizionamenti e senza complessi; capaci di cogliere il messaggio e lo spirito che sta alla radice degli orientamenti pastorali della Cei: «La celebrazione del sacramento non può essere scambiata in cerimonia folcloristica o trasformata, più o meno gravemente, in uno spettacolo profano. La rinuncia ad un lusso che contraddice alla povertà di tanti fratelli, deve fare del momento delle nozze un’occasione di carità più largamente diffusa per i fratelli poveri e più abbandonati. Alla responsabile valutazione e decisione degli sposi deve essere affidato il compito di limitare le esteriorità delle nozze e di andare incontro alle varie necessità della comunità ecclesiale» (Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 89).
Sono sempre in numero maggiore gli sposi che hanno compreso e preso sul serio questa dimensione della festa cristiana che si esprime nella condivisione. Le bomboniere sono sostituite da un semplice annuncio e invito dove si dice che la somma corrispondente sarà destinata ad una precisa attività caritativa. C’è anche chi ha sostituito la solita lista-regali con una lista di doni, a costi diversificati, a favore di concreti progetti di solidarietà nei paesi del terzo mondo. (Silvano Sirboni)
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