Cara Settimana,
il disegno di legge sui diritti civili delle persone implicate in convivenze anomale, offre l’occasione per qualche riflessione che vorrei né acritica né polemica (di polemica ce n’è già troppa in giro!).
Così come sono fatto – ed è la fede con l’età e l’esperienza che “fa” le persone –, non vedo male per principio ciò che potrebbe contribuire a rendere un po’ più sicura e meno triste la vita (soprattutto la vecchiaia) delle persone, di qualunque persona, perché ogni persona è preziosa agli occhi di Dio. «La gloria di Dio è l’uomo vivente», dice la Parola e Gesù è morto e risorto per ogni donna, uomo, bambino, giovane che vive su questa terra.
D’altro lato, non mi nascondo i pericolosi riflessi psicologici di talune leggi sulle scelte di vita dei cittadini. Si pensi alla facile tentazione di abortire, dopo l’approvazione dell’aborto in Italia (1981) e a quella – ancor più facile e non raramente capricciosa – del divorzio dopo la sua legalizzazione (1974). Si sa che la legge crea un costume, “legalizza” appunto, e rende più accessibile una scelta su temi spesso terribilmente importanti come l’origine della vita e la stabilità della famiglia.
Ma non è questo il problema che ora mi preoccupa maggiormente. È piuttosto una serie di rischi non soltanto ipotetici, ma purtroppo già inquietanti realtà circa il clima che si sta vivendo in Italia. Ne sottolineo alcuni.
1. L’incomprensione dell’atteggiamento severo e degli interventi insistenti della chiesa su una materia che riguarda sì la delicata questione della natura della famiglia – così come esce dalla parola di Dio – ma coinvolge anche l’autonomia dei politici, specie di quei cattolici che – per le mediazioni cui sono costretti oggi in un clima di innegabile pluralismo – sono letteralmente vessati da rimproveri e da parole che non vorremmo mai leggere. Vedasi, ad esempio, come Il Giorno di venerdì 16 febbraio ha maltrattato il ministro per la famiglia Rosi Bindi, persona consacrata, ex presidente nazionale dell’Azione cattolica, donna di fede.
2. La strumentalizzazione politica della voce della chiesa che diventa quasi piedistallo per gli esponenti dello schieramento opposto, che si presentano come strenui difensori della fede, denigrando i cattolici dell’altra coalizione, la cui fede pure è indiscutibile.
3. Il rischio di dividere ulteriormente i cattolici collocati nei due schieramenti. Se ne vedono gli effetti in certi titoli giornalistici che danno la misura di una divisione sempre più profonda, mentre sarebbe auspicabile tornare – anche nella prassi politica dei cattolici – a quel detto famoso di papa Giovanni: «Ciò che ci unisce è immensamente più grande di quello che ci divide». Ma se i cristiani alzano la voce sempre e solo su ciò che divide, come potranno riconoscersi in ciò che invece dovrebbe unirli?
4. Da ultimo – non perché rischio minore – il pericolo (purtroppo non ipotetico, basta leggere certe dichiarazioni) di un anticlericalismo sempre più aspro, denigratorio e velenoso, che può mettere a repentaglio la pace sociale descrivendo la chiesa come nemica dell’uomo.
Concludo ribadendo il mio pensiero. L’intervento non è sul contenuto della legge – sul cui giudizio mi sento pienamente allineato a quello della chiesa – ma sul clima che si è acceso in questi ultimi giorni. Non mi ritrovo in questa asprezza dei toni, in un rincorrersi e ribattere con dichiarazioni a dichiarazioni, in questa specie di ping-pong che fa male e fa star male tanti cristiani. È peccato sognare una chiesa che contribuisca a calmare gli animi?
don Giancarlo Conte (PC)
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1 commento:
Cari sacerdoti, dovete essere più coraggiosi!
Prendete esempio dal Papa e non nascondetevi dietro un dito per comodità. Lottate come ha fatto Cristo e ricordatevi che non dovete essere lodati a tutti i costi.
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