Cara Settimana,
qualche giorno fa a me parroco – come credo a tutti parroci d’Italia – è arrivata una lunga lettera del presidente del Forum delle associazioni familiari e responsabile del “Family day”, che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca.
Mi sembra di capire che scopo della lettera è dimostrare ai parroci che il loro aiuto sarà determinante per la riuscita del “Family day”. Ricorda che la decisione di quella manifestazione è sì nata dai movimenti ecclesiali laicali, ma sono soprattutto i parroci in grado di farsi ascoltare dal popolo che costituisce le nostre parrocchie. In conclusione: forza parroci, lavorate perché la gente venga e farete bene se verrete anche voi!
L’amaro in bocca cui mi riferivo nasce da questo pensiero: perché, se noi parroci siamo così determinanti, non siamo stati consultati prima di prendere la decisione di organizzare il “Family day?”. Sarebbe bastata una breve lettera, con preghiera di rispondere a strettissimo giro di posta, per sapere cosa ne pensano i parroci d’Italia. Perché aver lasciato decidere tutto ai movimenti e poi scrivere ai parroci di darsi una mossa e di mandare gente? Sono proprio sicuri – gli ideatori di quella giornata – che essa sarà un fatto ecclesiale del tutto pacifico e solo positivo, senza lasciare ulteriori strascichi di divisione e scollatura tra i laici cristiani?
Ricordo che nelle grandi manifestazioni del recente passato – come i vari Giubilei per categorie durante l’Anno Santo del 2000 – non ci sono giunte sollecitazioni perché il popolo cristiano si muovesse. Quando i cattolici “sentono”, si muovono senza particolari insistenze. Perché stavolta in una manifestazione che – pur con tutte le rette intenzioni – un certo “sapore” politico rischia di averlo, ci si raccomanda ai parroci perché la gente vada? Gli organizzatori hanno forse un sommesso timore che siano troppo pochi i cattolici per riempire l’immensa Piazza San Giovanni abituata a folle oceaniche di ogni tipo?
Su Avvenire di qualche settimana fa abbiamo tutti letto un intervento del sociologo cattolico Campanini che si domandava se si fosse ben ponderato il «costo pastorale» degli innumerevoli interventi ad ogni livello sul famoso disegno di legge riguardante le coppie di fatto. È del tutto improprio rifarsi la stessa domanda su questo convegno romano del 12 maggio?
Quanto poi al nome della manifestazione, in un editoriale sul Corriere del 20 marzo scorso, il giornalista Beppe Severgnini osservava: «Il 12 maggio tocca al “Family day”: forse abbiamo scelto un inutile nome inglese per nasconderci cosa abbiamo in programma, un’altra giornata eccezionale in un’Italia in deficit di normalità».
Un parroco (lettera firmata)
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