giovedì 12 luglio 2007

CARI PRETI, ASCOLTATE LA SAPIENZA DEL CUORE

Cari presbiteri,
pensando a come incontrarvi tutti in maniera un po’ più fraterna e familiare, nell’attesa di potervi conoscere di persona, ho creduto bene, in occasione dell’anniversario della mia ordinazione sacerdotale, di consegnarvi una lettera per un primo, affettuoso saluto nel Signore. Desidero anzitutto manifestarvi la mia predilezione: essa non deriva da un fatto umano, visto che non ci conosciamo ancora, ma dalla profonda coscienza dell’unità spirituale che ci caratterizza tutti con il sacramento dell’ordine.
Voglio sottolineare – e il Signore ci dia la grazia di non dimenticarlo mai – che l’unità tra il vescovo ed il presbiterio diocesano, prima che su sentimenti di carattere umano, è fondata su un fatto sacramentale e spirituale. L’umano afflato di amicizia e di amore fraterno, che spero di costruire con il tempo, non dovrebbe far altro che rafforzare il legame spirituale, che c’è, e rimane, e che rappresenta il fondamento di ogni nostro essere ed operare. È in nome di ciò che s. Ignazio di Antiochia parla dell’armonia del presbiterio paragonandola al suono che scaturisce dalle corde di una cetra, il cui suono sarà armonioso nella misura in cui le corde saranno in armonia tra loro.
La comunione presbiterale costituisce l’anima della comunione ecclesiale: un presbiterio unito e animato da sentimenti di autentica fraternità è una testimonianza ben più forte di ogni parola o discorso in mezzo al popolo di Dio. Ed allora, cari confratelli, il mio scritto vuole essere un appello a tutti voi: prima che in ogni altra cosa, impegniamoci, con un autentico sentimento di amore fraterno, a dare il giusto contenuto al vincolo sacramentale. Offriamo al popolo che il Signore ci ha affidato la predica del buon esempio, prima che quella delle parole. Il sacerdote, ci ricorda Léon Bloy, è uno strumento soprannaturale, un generatore di Infinito.
L’amore fraterno è il segno distintivo del cristiano: «Vi riconosceranno da come vi amerete». Non da un vestito, né da una carica, meno ancora da un’etichetta, ma dal vincolo dell’amore che dà sostanza e contenuto al vincolo sacramentale. Il comandamento nuovo è il vero segno dei cristiani, è il nostro distintivo. L’amore rende grandi le cose piccole, facili le difficili e possibili le impossibili.
Sta a noi favorire la fraternità sacerdotale che ci spinge alla fraternità ed all’aiuto vicendevole: agapi fraterne, incontri, visite personali soprattutto a chi è in difficoltà, condividendo speranze, iniziative, preoccupazioni ecc.
Per questo mi permetto di esortarvi a riaprire gli occhi sul cammino di Emmaus. L’incontro tra Gesù e i due discepoli di Emmaus diradò i loro dubbi, diede vigore e slancio missionario. Del noto brano del Vangelo di Luca vorrei qui offrire una lettura spirituale, alla luce dell’esperienza umana di chi ha ormai alle spalle la maggior parte degli anni della propria vita. Quanto più si avanza nell’età, tanto più la vita si riduce all’essenziale e alla fine di una cosa sola ci si pentirà: di non aver amato abbastanza. Tutto il resto apparirà relativo: i soldi, la carriera, il successo e quant’altro abbiamo ritenuto più importante, sono “conquiste” e fatti che sono passati come un treno in corsa. Ma il vostro amore, le vostre parole di conforto, la vostra solidarietà, il vostro calore umano, i vostri sorrisi e le vostre lacrime versate assieme ad una persona resteranno per sempre scolpite nel cuore dei fedeli e nel libro della vita, nostra e loro.
Vi sono beni che si consumano ed altri che vivono nel tempo dell’eternità. Questi ultimi sono i più preziosi, perché fatti di gesti silenziosi di chi sa amare oltre il rumore e i proclami di vane parole.
Il segreto del viaggio della vita consiste nel condividere sempre con qualcuno forza e coraggio, sostegno e fiducia, amore e speranza. Il senso della vita, in fondo è tutto qui: trasformarci per trasformare ciò che è negativo in positivo, il dolore in gioia, la solitudine in amicizia, l’ingiustizia in giustizia, la disperazione in speranza.
Ecco il punto: imparare a ridare e a riaccendere la speranza attorno a noi, anche e soprattutto in una realtà socialmente e culturalmente difficile.
Sempre più spesso, infatti, nell’esercizio quotidiano del nostro ministero pastorale ci vengono poste domande complicate (penso a tutti i problemi che oggi travagliano l’umanità intera e che interrogano anche noi nelle nostre piccole comunità), le cui risposte non possono essere prerogative solo dei teologi o dei dotti, ma di ogni sacerdote che vive questo tempo, pur con le fragilità personali e gli inevitabili limiti. Più che alla sapienza dei libri, dobbiamo bussare alla sapienza del cuore. Offriremo così al nostro popolo non l’immagine di un sacerdote-funzionario, ma la cordialità sincera, gioiosa e schietta di testimoni della presenza di Dio che rendono credibile, con la propria vita, la speranza del Cristo risorto.
Cristo Gesù è e resta l’unica roccia cui appoggiarci e la fonte a cui attingere per ritrovare la forza, la sicurezza e la speranza: «Haurietis aquas de fontibus Salvatoris!». Il segreto per esser felici, dunque, sta nel condividere e nel donare come Cristo Gesù che ha spezzato il pane, ha dato se stesso. Più doneremo e più saremo felici: è proprio allora che, nello Spirito, lo riconosceremo. Quando celebriamo la santa messa abbiamo tra le mani quel Gesù che si è fatto vittima d’amore e che ha riportato con il suo sacrificio l’uomo nella comunione della santissima Trinità: non avrebbe senso celebrare questo mistero e non tentare di viverlo come meglio possiamo poi nel nostro quotidiano, pur consapevoli della nostra fragilità personale e della nostra debolezza:infatti, «abbiamo un tesoro in vasi di creta» (2Cor 4,7).
L’amore tra noi presbiteri è la testimonianza più grande che possiamo dare: imperfetta, come tutte le cose umane, ma sincera, tanto che il popolo di Dio sarà disposto a perdonarci molte cose, se percepisce, anche nel cumulo di difetti, che una cosa non ci fa difetto: la volontà di vivere il comandamento dell’amore.
Auguri, dunque, a me e a voi insieme. Iniziamo questa avventura umana e divina all’insegna dell’amore vicendevole. La grazia di Dio fecondi i nostri buoni propositi e arrivi laddove non arrivano le nostre povere forze.
E… non dimenticate di raccomandarmi alla santa Vergine, Regina degli apostoli e Madre di misericordia, perché possa essere in mezzo a voi un pastore secondo il cuore di Cristo.
Vi abbraccio tutti nel Signore. Amen.

Vincenzo Bertolone S.d.P.
vescovo di Cassano all’Jonio

1 commento:

Anonimo ha detto...

Aggiornate 'sto cazzo di blog!