lunedì 3 dicembre 2007

UN PARROCO, UN VISITATORE E OTTO COMUNITÀ NEOCATECUMENALI

Cara Settimana,
chiedo gentilmente, se possibile, un parere d'un vostro esperto a riguardo della lettera sottoesposta e dei relativi problemi in particolare. L'autore della lettera è il visitatore straordinario che visita, a nome del superiore generale, la comunità religiosa pastoralmente responsabile della parrocchia. La lettera (sono state tolte le indicazioni di nomi, luoghi, diocesi, ordine-congregazione) è indirizzata al parroco della parrocchia interessata, ai responsabili delle comunità del Cammino neocatecumenale esistenti in parrocchia, e – per conoscenza – all'ordinario diocesano e al superiore provinciale della congregazione-ordine interessati.

«Carissimi fratelli e sorelle,
vi porgo un cordiale saluto nella pace di Cristo risorto... Dal... al... ho fatto la visita canonica straordinaria, a nome del superiore generale... Durante la visita, ho dedicato tempo all'ascolto delle persone e alla visione delle situazioni. Ho parlato con la comunità religiosa, con i responsabili delle comunità del Cammino, con i rappresentanti dei gruppi parrocchiali. Ho incontrato s.e. mons. vescovo, il vicario episcopale per la pastorale della città, il superiore provinciale. Ho letto la documentazione che si trova nell'archivio della comunità religiosa riguardante le visite canoniche...; tra l'altro, ho notato come alcune delle indicazioni offerte a riguardo del "Cammino" siano state disattese. Ho meditato sugli ultimi pronunciamenti del magistero del papa e dei vescovi.
A fine della visita, così scrivevo: "Nella comunità parrocchiale ci sono otto comunità del Cammino neocatecumenale. In questo momento c'è tensione soprattutto tra la comunità religiosa e tali comunità". Inoltre aggiungevo: "La comunità religiosa continui con la sua proposta, relativa al nostro carisma, di animazione della parrocchia, secondo i nostri documenti ufficiali; le linee di pastorale per la parrocchia vengono date dalla comunità religiosa e dal consiglio pastorale". Infine, parlavo di una "lettera di orientamento", che avrei fatto giungere, dopo ulteriori approfondimenti, alla comunità religiosa e ai responsabili delle comunità neocatecumenali.
Dopo discernimento e preghiera, sono giunto a queste conclusioni, che vi indico in vista di un cammino di comunione.
"Al di sopra di tutto vi sia la carità". Ciò che si deve salvaguardare è la carità, ciò che si deve edificare è la comunità, ciò che si deve vivere è la comunione.
Nella situazione dell'attuale tensione e in vista dell'edificazione della comunità parrocchiale, vi indico i seguenti passi da realizzare progressivamente. Essi vi offrono concreti cammini di comunione.
1. Per favorire la crescita armonica della comunità parrocchiale e del nostro carisma, constato che la presenza di otto "comunità del Cammino" sia troppo numerosa. Invito perciò i responsabili delle comunità del Cammino neocatecumenale a trovare soluzioni alternative, come la fusione di alcune comunità o il loro trasferimento in altre sedi, in modo che nella parrocchia non vi siano più di tre comunità. Inoltre, invito i responsabili a non iniziare altre catechesi; se sorgerà l'esigenza di altre catechesi, queste non siano svolte nella parrocchia.
2. Per realizzare la comunione visibile e per evitare sovrapposizione di orario, le celebrazioni eucaristiche del sabato sera per le "comunità del Cammino" presenti in parrocchia, il sabato sera negli ambienti parrocchiali non ci saranno più di tre celebrazioni eucaristiche. In particolare poi nel momento culminante dell'anno liturgico, a partire dall'anno 2008 nella chiesa parrocchiale o negli ambienti dell'Oratorio[1] non sia tenuta la celebrazione della veglia pasquale.
3. Per concretizzare l'indicazione della lettera della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti del 1° dicembre 2005, indirizzata ai responsabili del Cammino, in cui si chiede che "almeno una domenica al mese le comunità del Cammino neocatecumenale devono partecipare alla santa messa della comunità parrocchiale", chiedo che una volta al mese, al sabato sera, in tutte le sale dell'Oratorio non vi sia nessuna celebrazione eucaristica.
4. Per potenziare la comunità pastorale e l'espressione del nostro carisma nella parrocchia, che è stata affidata dal vescovo alla congregazione, si trovino orientamenti convergenti all'interno del consiglio pastorale e si sviluppi una proposta esplicitamente nostra di animazione della parrocchia, secondo i nostri documenti ufficiali.
Sono consapevole che la via proposta è ardua; i passi non sono facili da realizzare. "È la carità di Cristo che mi spinge". L'edificazione della comunità parrocchiale chiede scelte coraggiose. Il Cammino neocatecumenale sta facendo un grande bene nella chiesa, creando però alcune tensioni, soprattutto nell'inserimento pastorale parrocchiale (Benedetto XVI, incontro con i parroci e il clero della diocesi di Roma, 22 febbraio 2007). In questi anni scorsi, non si è riflettuto sufficientemente da parte della nostra comunità e della comunità parrocchiale su che cosa significhi che una parrocchia sia animata da un carisma di vita consacrata.
Lo Spirito Santo, che è Spirito di verità e di amore, vi suggerirà come realizzare questi orientamenti. Lascio al superiore provinciale, in dialogo con il vescovo, di vederne i tempi di concretizzazione fin dall'inizio del nuovo anno pastorale. La Vergine Maria...
Con sincera stima e affetto fraterno».

Domando gentilmente (e ringrazio delle risposte eventuali):
1. Può il superiore generale d'un ordine-congregazione giungere a queste conclusioni, senza previo e pieno accordo col vescovo diocesano? Senza coinvolgere direttamente i fedeli laici della parrocchia (con i componenti delle comunità del Cammino)?
2. Il Cammino è stato chiamato in parrocchia 30 anni fa (e seguito in questi anni) dai parroci (e sacerdoti della comunità religiosa) della stessa congregazione-ordine che si sono succeduti. Hanno sbagliato tutto?

lettera firmata

La risposta alla seconda domanda è semplice: il Cammino è «un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni» (St 1). Dunque, non si sono persi trent’anni.
Invece, la risposta alla prima domanda è più difficile, poiché manca la conoscenza del contenzioso e siamo di fronte a casi-limite per i quali non si possono che ribadire le leggi, la cui osservanza è la misura dell’agire e avvia alla soluzione dei conflitti.
Il caso è comunque complesso poiché richiede di armonizzare più soggetti:
1) il vescovo e la sua autorità pastorale, cui i religiosi sono sottoposti in ciò che riguarda «la cura delle anime, l’esercizio pubblico del culto divino e le altre opere di apostolato» (can. 678,1 e 681,1);
2) il Cammino, con uno Statuto approvato dalla Santa Sede;
3) l’ordinario religioso (il visitatore) che, a differenza del vescovo, è “ordinario” solo per i confratelli (can. 134,1), i quali nell’apostolato «sono soggetti anche ai propri superiori e devono mantenersi fedeli alla disciplina dell’istituto» (can. 678,2);
4) la comunità religiosa che collabora all’apostolato parrocchiale (can. 519) ma che, come persona giuridica, non è parroco (can. 520,1);
5) il parroco, che esercita l’azione pastorale «sotto l’autorità del vescovo diocesano» (can. 519) e che è ben distinto dalla comunità religiosa, prospettiva mal digerita da molti religiosi che continuano a sognare la parrocchia “affidata alla comunità”, ma così non è.
Tenendo conto di quanto sopra, alla domanda: «Poteva il visitatore scrivere quello che ha scritto?», la risposta è: «Sì, lo poteva». E per tre ragioni, poiché il visitatore:
a) rispetta lo Statuto del Cammino quanto all’eucaristia in comunità e alle non determinazioni circa la veglia pasquale (St 13,3; 12,3 e Lettera del 1.12.2005, n. 1);
b) rispetta i suoi limiti di essere “non ordinario” verso i fedeli del Cammino, ai quali, dopo aver parlato con il vescovo, si rivolge non dando ordini, ma usando i termini “invito / chiedo” (qui non siamo di fronte a una lettera d’amore e ogni parola va assunta in senso tecnico);
c) interviene come “ordinario” presso i religiosi spronandoli a far emergere il carisma proprio e, dopo aver parlato con il vescovo (è la reciproca intesa di cui al can. 678,3), delimita un loro apostolato che nella parrocchia non risulta essere necessario né in senso assoluto né in quanto richiesto dal vescovo.
Queste le leggi e le dinamiche, ma è chiaro che in se stesse sono vuote e il risolutivo è una valutazione del Cammino e dell’apostolato cristiano e parrocchiale.
Comunque, a mio fallibile parere, c’è anche qualche ombra. Mentre emerge la comunità dei religiosi, è troppo assente la funzione del parroco: invece, è a lui che è affidata la parrocchia ed è lui che deve prendere o eseguire delle decisioni – tra l’altro il Cammino «comincia nella parrocchia su invito del parroco» (St 9) –; è vero che si precisa che la lettera è indirizzata anche al parroco, ma nel testo non è molto presente.
Sarebbe anche stato auspicabile che le determinazioni del visitatore – valide per la comunità religiosa – fossero rivolte direttamente a quest’ultima (ad esempio, non accogliere più di tre comunità) con l’invito al Cammino a tenerne conto e contestualmente confermate dal vescovo, il vero “ordinario” del Cammino, con un deciso “ordino” o “dispongo”.
Infine, il visitatore dice di aver parlato con i responsabili del Cammino, mentre la domanda posta a Settimana lamenta un non coinvolgimento degli stessi: forse sono vere entrambe le asserzioni, nel senso che forse i contatti sono avvenuti prima della definizione delle misure in oggetto. Sarebbe stato auspicabile un incontro con a fronte il testo (bozza) delle misure messe a punto e prima dell’invio della lettera: è un metodo che in genere funziona e che già Sparafucile proponeva a Rigoletto per la consegna della somma in vista di uccidere il duca: «Una metà s’anticipa, il resto si dà poi».
Sia concesso concludere con una malizia del mestiere. Abbiamo scomodato due “ordinari”, uno Statuto, un parroco e una comunità religiosa. Se un altro “gruppo stabile” – come lo è il Cammino – avesse chiesto di celebrare la messa e gli altri sacramenti come al 1962, il parroco avrebbe potuto decidere tutto da solo e senza complicazioni. Siamo di fronte a una saggezza superiore, oppure si fanno figli e figliastri? (Riccardo Barile)


[1] In realtà la costruzione è sorta ed è usata come Centro parrocchiale (ndr).

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